Riflessioni sull’importanza di contare su un vero network di relazioni professionali
Nell’ambito delle attività associative Aused2021, lo scorso 26 aprile si è tenuto un webinar nel quale ci si è focalizzati sul tema del Networking Professionale. Hanno partecipato, tra gli speaker, Marco Vigini (autore del libro “Networking e lavoro, come valorizzare le relazioni professionali”, Hoepli), Andrea Provini (presidente AUSED e Group CIO Bracco), Francesco Pezzutto (Consigliere AUSED, responsabile dello sviluppo territoriale per l’associazione e CIO VIMAR) e Stefano Lombardi (Consigliere Aused e Direttore Marketing di NPO Sistemi).
Sulla base delle riflessioni illustrate da Marco Vigini, il panel ha affrontato il tema della giornata da diversi punti di vista, facendo emergere quanto l’investire oggigiorno sul proprio network, sia esso analogico che digitale, non rappresenti più solo un’opzione nell’attuale scenario, ma sia invece divenuta una concreta esigenza.
Facendo giusto un minimo di teoria, il networking possiamo definirlo una prestazione di beni, servizi e informazioni che vengono effettuati senza alcuna garanzia restituzionale (non vi è infatti un obbligo giuridico né di altro tipo tra le persone) con l’obiettivo di alimentare, rafforzare o creare ex novo un legame sociale tra due o più persone.
Il network professionale è una risorsa importante per qualsiasi professionista. E i manager che fanno parte di un network professionale devono essere considerati una risorsa in termini di interessi, suggerimenti e conoscenze. Questa rete va vista come una intelligenza collettiva che rappresenta una meta-competenza.
Crearsi diversi contatti che riflettono il proprio ambito professionale diventa quindi essenziale per favorire la composizione di un profilo completo della propria attività professionale, mantenendosi al contempo aggiornati su trend innovativi verso i quali orientarsi. Bisogna utilizzare il proprio nertwork come un vero e proprio ecosistema relazionale diffuso, meglio ancora se si è in grado di attuare in rete una sorta di regia strutturata dei propri interventi.
Tuttavia, però, avere moltissimi contatti sui diversi social media non è affatto sinonimo di successo. Occorre invece sapersi creare un network efficace, attentamente selezionato, che sia vicino al proprio ambito lavorativo. Inoltre il networking professionale funziona quando vi è una sorta di dare-avere tra i contatti. Per far sì che operi davvero bene è fondamentale essere proattivi: non basta quindi chiedere ai propri contatti, ma occorre anche saper dare. In questo senso, da tempo, AUSED interagisce e fa interagire i propri associati proprio con questo spirito, avendo introdotto un certo equilibrio di ruoli in modo da ridistribuire il valore tra tutta la propria Community.
Vigini, sul tema del dare-avere, ha voluto sottolineare come la rete non debba essere usata solo al momento del bisogno, ma occorre invece coltivarla e rafforzarla giorno dopo giorno. È necessario costruire una economia reputazionale e relazionale facendo del personal branding. Naturalmente il social network più idoneo per costruirsi un network professionale è LinkedIn (il più potente CRM professionale al mondo) che permette oggigiorno di mettere potenzialmente in contatto 750 milioni di manager tra loro, sfruttando anche la teoria dei sei gradi di separazione, amplificata dalla rete stessa. La moneta di questo network non è più quella tradizionale ma diventa la fiducia (il Trust), in quanto il tutto è impostato sulla singola persona e le sue attività, conoscenze e conversazioni. Fondamentale in questo senso è la propria Reputation, una valorizzazione indicizzata sulla valutazione del valore che si riesce a trasmettere, al trust che crea, alla credibilità attribuita dai clienti, alle referenze costruite e valorizzate nel tempo e ai partner di fiducia e valore di cui ci si circonda.
La piramide di LinkedIn di Luca Bozzato, consulente LinkedIn fra i più importanti in Italia, mette in evidenza i vari step di crescita in rete. Dall’inserimento del proprio profilo, con l’obiettivo di essere trovati e riconosciuti, al passaggio successivo che è quello di costruire una rete solida, attraverso la propria presenza, per agganciare nuove opportunità e contatti. Da qui si passa alla partecipazione, cercando di creare una credibilità sociale che passa attraverso la condivisione e la partecipazione su LinkedIn per creare la propria reputazione online verso potenziali clienti e influencer. Gli ultimi due step riguardano la pubblicazione di casi di studio che dimostrino la propria esperienza professionale, andando così ad agire sulla Social Brand Authority, fino a raggiungere il top della piramide, momento nel quale si viene riconosciuti come Social Leader e persona di riferimento attorno a un determinato argomento.
Resta evidente come la cosa più importante nel networking professionale sia soprattutto fare tesoro dei propri contatti, utilizzando questa potenza di connessione non solo per la sua funzione da passaparola, ma anche e soprattutto in una ottica di esperienza condivisa. Non serve postare in rete materiale autocelebrativo, ma è invece fondamentale creare valore, produrre materiale sempre interessante ed essere generosi e disponibili. L’attività deve avvenire sia in inbound che in outbound. Questo perché in rete ogni azione personale (o mancata azione) causa di riflesso sul proprio “pubblico” un cambiamento nella valorizzazione della propria economia reputazionale e relazionale. Va infatti tenuto conto che il capitale sociale reputazionale è di tipo dinamico: se l’utilizzo del network è di tipo solo opportunistico l’indice del proprio profilo precipita.
La rete porta a lavorare sul proprio personal branding, ma oltre a questo è necessario creare valore e cercare di ottenere il feedback dalle proprie attività: elemento centrale per capire come si è posizionati e visti dai propri contatti.
Serve fondamentalmente verificare e capire il proprio ecosistema, in ottica di scambio, ma anche in ottica di comprensione delle potenzialità e di ingaggio. Nell’ambito di un social network di valore è importante utilizzare anche i propri legami deboli in quanto essi possono trasformarsi in ponti verso nuovi circuiti.
Il network, in conclusione, va “allenato”, costruendo possibilmente un piano di tipo operativo per decidere dove formarsi in un percorso connettivo. La community aggrega e occorre una regia strutturata per essere sempre più visibili e alimentare una comunicazione con post ricorrenti in grado di generare l’interesse di sempre maggiori manager, in modo da allargare sempre più la propria rete fiduciaria.